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C'è chi le considera sinonimi e chi le considera due cose completamente diverse. Io sono per entrambe le scuole di pensiero. Ma per capirne il perché, devo accompagnarvi nel meraviglioso quanto inquietante viaggio che conduce alla madre di tutto, la comunicazione.
Da quando nasciamo, tutti noi facciamo di tutto per farci ascoltare. Quando siamo neonati, frigniamo e ci dibattiamo per attirare l'attenzione, per placare la fame, perché vogliamo dormire, eccetera. Poi, anno dopo anno, impariamo a parlare, e da quel momento in poi, impariamo a manipolare. Certo, si tratta di una manipolazione inconscia, ma anche "buona", per così dire. Significa che impariamo ad esprimerci, a chiedere, a pretendere, a capire che, se vogliamo ottenere qualsiasi cosa, dobbiamo chiederlo e comportarci in una maniera ben precisa. Insomma, si tratta pur sempre di persuasione, cioè di saper persuadere i genitori, o chi per essi, per ottenere ciò che vogliamo.
Da adolescenti, gli ormoni amplificano questa cosa all'ennesima potenza e ci portano a commettere sciocchezze al limite del narcisismo patologico. Poi, da adulti, questa "furia emotiva" si assopisce gradualmente, seppur non per tutti. Ma la volontà di persuadere le persone che abbiamo intorno, quella rimane. Sempre.
Una qualsiasi trattativa di lavoro è persuasione.
Ti do 90 Euro per quel tavolo. Mi spiace ma è fatto a mano, ci ho messo una settimana, non posso vendertelo a meno di 500 Euro. Facciamo 350, guarda ce li ho proprio qui. È una lotta a chi persuade meglio, nella quale perde chi molla per primo. Un qualsiasi dialogo coi propri figli è una persuasione. Se prendi bei voti a scuola, ti compro il motorino. Una frase così comune e apparentemente innocua è una forma di persuasione, dove per innescare la forza di volontà del figlio si adopera l'obbiettivo di un premio. E così la nostra intera società si basa sulla persuasione, più o meno forzata. Basti pensare alle sanzioni quando non si rispettano le regole della strada, alle pene a cui si va incontro se si commette un reato, e così via. Tutte regole imposte per dissuadere comportamenti ritenuti dannosi e imporre di conseguenza una linea di condotta.
Ciò significa che tutta la comunicazione è persuasione.
Tuttavia, c'è persuasione e persuasione...
Quand'è che la persuasione diventa manipolazione?
Secondo me, sempre. Nel senso che considero la persuasione una sorta di manipolazione soft, per così dire, poiché l'obbiettivo è il medesimo, vale a dire convincere qualcuno di qualcosa.
Tuttavia, come ho già ribadito in alcuni video e in alcuni seminari, esistono tre macro-categorie di comunicazione, che ci aiutano a capire le differenze nei modi di persuadere e/o di manipolare:
la comunicazione passiva
la comunicazione aggressiva
la comunicazione assertiva
La comunicazione passiva comprende tutte quelle persone che subiscono la comunicazione altrui.
La comunicazione aggressiva la ritroviamo in tutte quelle persone che impongono le loro opinioni con la forza, verbale o fisica che sia.
Infine, la comunicazione assertiva comprende tutti coloro che convincono gli altri delle proprie opinioni attraverso argomentazioni solide e capacità dialettiche al di sopra della norma.
Ripeto: la manipolazione è presente in tutti questi tipi di comunicazione. Anche in quella passiva. Vediamo come...
La rabbia
L'aggressività è un istinto primordiale basato sulla sopraffazione, la «legge del più forte», il caro e vecchio Darwin, per intenderci.
Comunicazione aggressiva, infatti, significa assalire verbalmente la persona che si ha di fronte, insultandola, offendendola, gridando e/o inveendo contro di essa, con l'obbiettivo di sopraffarla attraverso l'intimidazione. La violenza fisica è l'apice della comunicazione aggressiva. Colui che viene alle mani, infatti, si impone con la forza bruta, sfogando così la sua incontenibile ira, quando non addirittura (e forse peggio) il suo innato sadismo. Ma che si tratti di violenza verbale o fisica, la persona violenta esercita una manipolazione ben precisa nei confronti della persona che subisce, suscitando in quest'ultima una sorta di «paura educatrice», che non si scorderà facilmente. E la prossima volta, prima di commettere lo stesso errore, ci penserà due volte. È a questo punto che la manipolazione avrà raggiunto l'obbiettivo.
Il trattamento del silenzio
Ma attenzione, perché anche il trattamento del silenzio (tenere il broncio) può costituire una forma di comunicazione aggressiva, o meglio, di comunicazione passivo-aggressiva, poiché aggredisce l'interlocutore con una delle armi più vigliacche di sempre, il silenzio appunto. Avete presente quando chiedete a una donna: «amore, cos'hai?», e lei «niente». Ecco, quello è il classico broncio. Ma può sfociare in un vero e proprio processo manipolatorio (trattamento, appunto), con silenzi che si protraggono per ore, a volte per giorni. Anche in questo caso, chi esercita il trattamento del silenzio lo fa con l'intenzione di educare l'altra persona, la quale, col tempo, finirà per evitare di dire/fare tutte quelle cose che la porterebbero a subire altri devastanti silenzi. È la tipica manipolazione esercitata dai narcisisti, senza distinzioni tra i sessi.
La comunicazione assertiva
La persona assertiva si adopera invece delle armi della dialettica. Il comunicatore assertivo esercita le sua capacità oratorie per persuadere gli interlocutori e portarli progressivamente dalla sua parte, adoperandosi di argomentazioni valide, di stratagemmi semantici e, talvolta, di trucchetti di programmazione neuro-linguistica.
Lo facciamo tutti. Ogni giorno. Ogni volta che parliamo di qualcosa con qualcuno. Tutti noi vogliamo esprimere le nostre opinioni, e questo basta per definirci persuasori, nel senso che cerchiamo di persuadere qualcuno riguardo un determinato argomento. Certo, c'è chi è più bravo a farlo, fino ad arrivare ai più bravi di tutti, come certi avvocati, giornalisti e, naturalmente, certi politici. Credete forse che un presidente del consiglio raggiunga quei vertici perché è davvero una bella persona? Non siate ingenui. Per convincere milioni di persone, un politico di alti livelli si avvale di flotte di formatori, che gli scrivono discorsi, gli spiegano quali parole usare e quali evitare, gli insegnano la comunicazione verbale e la comunicazione non-verbale. Pensate che nella persuasione, la parola ha un'incidenza dell'appena 7%, mentre la comunicazione non-verbale (l'intonazione della voce, la postura, l'abbigliamento, e in sostanza tutto fuorché la parola) conta il restante 93%. Incredibile, vero? Eppure è così.
Da tutto questo, si evince che ognuno di noi è istintivamente predisposto a manipolare, in dosi diverse a seconda della propria personalità. Anche le persone più apparentemente passive sono certamente manipolatorie, magari con persone ancora più passive di loro. L'essere umano è geneticamente predisposto a prevaricare. In un modo o nell'altro. Chi più, chi meno.
I mass media
Il termine stesso, «mass media», è intriso di manipolazione.
Ecco la definizione dell'Oxford Language, il più importante editore di dizionari al mondo:
«Mass media: L'insieme dei mezzi d'informazione e di divulgazione (giornali, riviste, cinema, radio, televisione) che si servono di linguaggi facilmente comprensibili a qualsiasi livello culturale (approssimativamente tradotto in italiano con mezzi di comunicazione di massa )»
«Mezzi di comunicazione di massa». Fa quasi paura a dirlo ad alta voce. La massa, ossia la gran parte della gente, numericamente importante quanto culturalmente insignificante, e pertanto facilmente influenzabile attraverso la famigerata opinione pubblica.
«Il complesso delle preferenze, delle inclinazioni, degli atteggiamenti e dei giudizi che risulta predominante in una determinata società e che di conseguenza mantiene un rapporto di reciproco condizionamento con l'attività dei pubblici poteri» (Dizionario De Agostini)
Forse, fra chi mi legge, c'è qualche maniaco che, proprio come me, si guarda tutti i tg, per poi tirare le somme. Ogni volta che posso, infatti, mi sparo in sequenza il TG1, il TG5, il TGLA7 e SkyTg24. Non lo faccio per masochismo, ma perché, da amante della comunicazione, mi piace capire come una notizia venga narrata (termine non casuale) in modo diverso a seconda dell'indirizzo politico. D'altronde, i giornalisti sono persone umane (più o meno), e in quanto tali hanno idee ed opinioni proprie, vale a dire inclinazioni politiche.
Thomas Mann, che non era propriamente l'ultimo degli stronzi, diceva:
«L’apolitica non esiste. Tutto è politica.»
Ed è vero! Cos'è infatti l'apolitica se non una presa di posizione? E non è una presa di posizione apolitica essa stessa politica? Tutto è politica, ogni nostra scelta, anche quella che ci sembra più lontana da essa. E se tutto è politica, allora tutta la comunicazione è, per definizione, persuasione.
Tutte le parole manipolano
Durante il lockdown dello scorso anno, i giornalisti martellavano con il termine improprio distanziamento sociale. Col tempo, si è visto che quel termine provocava troppi risentimenti in molti cittadini. Forse perché ricordava una delle più infami restrizioni del fu regime fascista. Cambiando semplicemente il termine nel più appropriato distanza di sicurezza, la percezione generale cambiò considerevolmente, facendo digerire la restrizione anche a molti che la rifiutavano per partito preso.
Sembra poca roba, ma le parole hanno un grande impatto emotivo nel nostro cervello limbico, ossia quello dedicato alle emozioni.
Ogni parola detta o letta, infatti, è in grado di generare un'immagine dentro di noi. Se vi dico di pensare ad una Fiat 500, immediatamente nella vostra mente viene visualizzata l'immagine della suddetta auto. La stessa cosa accade se vi dico di non pensare ad una scimmia. Il nostro cervello genera in tempo reale l'immagine di una scimmia. Certo, ci sarà chi pensa ad uno scimpanzé, chi a un gorilla e chi a un babbuino. Non tutti abbiamo la stessa idea di scimmia. Ma poco conta, ciò che conta è che tutti quanti pensiamo ad una stramaledetta scimmia. È impossibile non pensare a qualcosa a cui ci viene chiesto di non pensare. Siamo geneticamente programmati per farlo. E chi fa comunicazione questo lo sa bene. E ci gioca. Gioca con le nostre menti. E giocare con le menti significa manipolarle.
Pensateci bene quando guardate uno spot alla tv. Quando sentite il discorso di un politico. Quando leggete un articolo di un giornalista. Fate caso alle parole scelte, alla forma del linguaggio, ai modi. Al di là di ciò che dice, c'è un mondo intero. Un po' come il solito iceberg: quello che sentite è la punta in superficie, ma il messaggio che passa è la montagna nascosta che sta sotto il livello del mare.
Con questo, non voglio dirvi che il mondo fa schifo perché è pieno di manipolatori, poiché, come detto all'inizio, anche voi lo siete. Il mondo fa schifo per altri motivi, tra i quali anche questo. Ciò che voglio dirvi davvero è che le parole sono molto importanti, hanno peso, significato e figurazione specifici. Le parole possono convincere, coinvolgere, farci soffrire, arrabbiare, gioire e così via. Perciò, il mio suggerimento è di non abusarne, bensì di distillarle con cura, di pensare bene a cosa dire e a come dirlo, ben prima di dirlo.
O per dirla come il mio vecchio professore di matematica:
«Prima di parlare, stai zitto!»
😇
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Per saperne di più sul mio modo di intendere la persuasione-manipolazione:
– Uomini Terribili E Come Evitarli: https://www.solingo.it/uomini-terribili
– Uomini Terribil - il Podcast: https://www.solingo.it/uominiterribili-ilpodcast
– Il parolibero: https://www.solingo.it/parolibero