Il mio secondo romanzo si chiama Ostrov, che vuol dire "l'isola" in russo.
Mi è venuto in mente qualche anno fa, dopo la lettura de L’isola dei cannibali, di Nicolas Werth, storico francese specializzato in sovietologia. Due anni dopo la caduta del muro di Berlino, e un anno dopo il declino del comunismo, il governo russo consentì il “libero accesso” agli archivi sovietici, per mostrare al mondo le atrocità del comunismo. Werth non si fece sfuggire l’occasione, ma a differenza di tutti gli altri giornalisti, lui sapeva già cosa e dove andare a cercare. Voleva saperne di più sull’Affare Nazino. Perché mentre Hitler ascendeva al potere in Germania, in quanto a stragi, in Russia erano già parecchio avanti...
Sinossi
1933. L’isola di Nazino è un fazzoletto di terra lungo 3 km e largo 600 metri sul fiume Ob’, nella Siberia Occidentale. Fu individuata come luogo ideale per l’insediamento coatto, un esperimento sociale che prevedeva di deportare migliaia di dissidenti e di persone sgradite nelle desolate e ostili terre orientali, col fine di popolarle ricavare risorse e materie prime attraverso il lavoro forzato. Gli amministratori del gulag si aspettavano al massimo 1.500 deportati, perlopiù famiglie di kulak (dispregiativo per definire gli ex possidenti terrieri a cui lo stato aveva confiscato le terre per ridistribuirle al popolo). Ne giunsero oltre 5.000. E non erano tutte famiglie...
Fu subito chiaro che il cibo non sarebbe bastato per sfamarli tutti. E le condizioni climatiche proibitive non aiutavano. Ma la fame e il freddo sarebbero ben presto diventati problemi trascurabili, perché ciò che stava per accadere su quella minuscola isoletta, nessuno poteva immaginarlo…
Psicologie a confronto
Come sempre, anche stavolta, per entrare nella psicologia dei personaggi mi è tornato utile disegnarne i volti. Il protagonista è Sergeij, un criminale russo finito in carcere per rapina e omicidio (il primo a sinistra), che nel corso della storia diventerà una sorta di "eroe", nonostante gli resti gran poco da salvare... Sergeij non c'entra nulla con il rigore dello stato, poiché in quanto delinquente, ha regole tutte sue. Dragunov (il secondo), liberamente ispirato al celebre personaggio di Tekken, è invece il nostro "cattivo" della situazione, seppur gli altri non brillino di bontà. Si tratta di un ufficiale dell'Armata Russa con gravi deliri di onnipotenza... Il saggio è rappresentato da Ivan (terzo), un ex cosacco, risentito dal tradimento dei bolscevichi durante la rivoluzione. Vlad, detto "il macellaio" (quello con la cicatrice sulla bocca), è un boss della mala che costituirà il vero colpo di scena di tutta la storia. Svetlana è la figlia di un deportato, ha 17 anni e si innamorerà di Kostia, soldato dell'Armata (ultimo). Le storie di tutti si intrecciano nel bel mezzo dell'anarchia, tra omicidi, soprusi, abusi e follia...
È un romanzo storico?
NO! Assolutamente no! Ostrov è una rivisitazione della storia viera in chiave horror anni '80 e fanstascienza vintage. È una scelta voluta, perché all'ispirazione non si comanda, e poi mi è tornata utile per un secondo fine, ovverosia "alleggerire" la realtà dei fatti. Così starà al lettore decidere se approfondire il tema e scavare nella storia vera (al limite basta leggersi la paginetta di Wikipedia), o se accontentarsi della mia versione "soft", per così dire.
Dal canto mio, mi sono letto tre volte il libro di Werth, ho scavato nei meandri più bui dell'internet, guardando documentari su documentari, anche in russo, e vi assicuro che più approfondivo, più mi veniva il voltastomaco. Non potevo scrivere la storia vera, non ce la facevo, non mi piaceva, mica sono uno storico, sono un creativo! Volevo romanzarla, piazzarci esperimenti genetici, spie naziste e creature abominevoli, insomma, renderla "fantastica", e spero di esserci riuscito.
Naturalmente, il giudizio finale spetta sempre a voi lettori.
Elia